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martedì 17 aprile 2012

Scrivo ...

Amo scrivere, amo raccontare, provo un sottile piacere nella descrizione  minuziosa dei particolari, ma spesso scrivo sulla sabbia..


Ogni volta che mi interrogo sul perché io scriva mi ritrovo a formulare una risposta nuova e diversa dalle precedenti che non rinnega ciò che si è pensato, soltanto si modifica.
Ma ciò che ho capito di questa mia esigenza essenziale è che scrivere mi serve per riflettere sul presente, sulla mia vita ma soprattutto sul mondo in cui vivo.
La scrittura è uno sguardo e una voce.
Ho prestato la mia voce a persone che l’avevano smarrita o che hanno una voce talmente fioca da essere sopraffatta dai rumori del mondo. 
Una voce carica di dolore ma anche di gioia.


A volte penso che sia una condanna avere lo sguardo che ho, uno sguardo che si riempie di meraviglia di fronte alla bellezza e che assorbe il dolore degli altri come una spugna facendolo proprio, questo mettersi sempre nei panni degli altri…

A volte penso che sia la cosa più bella che io possegga.
Sono nata nel dubbio e vivo nel dubbio.
Perennemente tesa a interrogarmi sul senso delle cose, della vita, su “dove stiamo andando” e non sapere mai cosa rispondermi.
E poi un pò di tempo fa ho aperto  un blog.
Un diario? O un blog di racconti? O scritture varie?
A chi mai potrebbe interessare la mia vita?
A nessuno.
Mi rispondo.
I miei racconti?
Ci sono centinaia di racconti sulla rete.
Sono come fili d’erba in un campo sterminato.
Nessuno ha bisogno di un filo d’erba in più che cresce. Mi rispondo.
Forse scrivere su di un blog o scrivere su carta o anche sulla sabbia è un modo come un altro per lasciare delle impronte, delle orme, che ci danno l’illusione di non essere ombre.

Forse scrivere oltre a lasciare orme sulla sabbia destinate a una rapida quanto effimera illusione di lasciare una traccia di sé è anche qualcosa d’altro.

Forse scrivere per prestare la propria voce  a chi non ha una voce  non è l’unica molla che mi spinge a farlo.
Forse tutto sta nella forza creativa dello scrivere.
 Quando si scrive una storia, una qualsiasi storia, è sempre qualcosa al di fuori di noi ma anche dentro di noi. E  nel momento in cui scriviamo anche se scriviamo di noi, diviene altro da noi.
Quando scrivo mi sento, sono, sempre in un luogo altro dove è difficile raggiungermi, un luogo che sebbene abbia tutte le cose che sempre mi circondano queste cose e me stessa sono altro dal mio mondo e da me.

Vostra Carpe Diem

Lascio a te queste impronte sulla terra
tenere dolci, che si possa dire:
qui è passata una gemma o una tempesta,
una donna che avida di dire
disse cose notturne e delicate,
una donna che non fu mai amata.
Qui passò forse una furiosa bestia
avida sete che dette tempesta
alla terra, a ogni clima, al firmamento,
ma qui passò soltanto il mio tormento.

Orgoglio e rancore ....


Ho tanti difetti, perchè sono un essere umano, ma  due cose  che  non mi appartengono sono  il rancore e l'essere orgogliosa ...
Credo che provare rancore faccia vivere male, anzi  peggio, sono fermamente convinta che faccia seriamente male alla salute, fisica e mentale.
L'espressione sociale del rancore è oggi improvvisa, repentina e distruttiva come il fulmine, la saetta: il rancore è ramificato, abbagliante e scarica un'enorme quanto effimera potenza in un unico punto del terreno, quello che per qualche ragione è più esposto alle intemperie, cioè il capro espiatorio che meglio si presta ad attrarne la violenza.
La violenza esercitata sulle donne, sull'immigrato, sul tossico, sull'anziano, sull'altro,come paura del diverso che c'è in ognuno di noi.

E il rancore ha un motore, la paura e l'insicurezza.
 Dove l'insicurezza è innanzitutto difficoltà a dare continuità alla propria identità a causa di un ambiente sociale che per complesse ragioni viene percepito come instabile e minaccioso. Quando ognuno di noi sente che il proprio intorno di relazioni sociali oltrepassa un personale limite di instabilità, ecco scattare tutta una serie di possibili esiti: dalle derive che portano ad una qualche forma autoesclusione o comunque di restringimento dalle relazioni sociali ,  a quelle che invece che si scagliano in modo aggressivo contro quell' "altro" che le circostanze rendono più facilmente identificabile come la fonte dell'instabilità e dell'insicurezza.
Quindi sentire " rancore" è un pò come essere "limitati" , come colui che non riesce a guardare " oltre".

L'essere orgoglioso, invece, credo che nasca da una sorta di " compensazione " che il nostro "IO " mette in atto per mettere a tacere i complessi d'inferiorità che si percepiscono.... Alfred Adler definirebbe ciò " il passaggio dallo stato di minus a quello di plus" .
Provo tanta pena per tutti coloro che vivono soggiogati da queste sciocche difese.
Io vivo beatamente lontano da trappole mentali di questo genere.....

Ho sempre accolto tutti, anche chi no lo meritava... (a detta di altri! )

E ne vado fiera!

State lontani dai rancorosi e dagli orgogliosi.... non ci guadagnate nulla.

Serenamente Vostra Carpe Diem

Piccolo aforisma
Ci s'illude sempre a pensare che nel deserto possa crescere un filo d'erba.